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Sul pannello si legge: Vera e propria zona industriale, con i suoi trentaquattro mulini che macinavano giorno e notte con le loro potenti ruote, Ponte Molino vantava a inizio Trecento la maggior concentrazione di mulini della città. Un'altra cinquantina era sparsa lungo i corsi d'acqua interni e altrettanti nel contado. I mulini avevano cominciato a stabilirsi nella zona di Ponte Molino già nel Duecento, grazie alla disponibiltà e all'ingente flusso d'acqua. I mulini di Ponte Molino erano galleggianti, ossia costruiti in legno su due o tre barche ancorate a riva, mentre quelli che si trovavano alle Torricelle erano terragni, ossia costruiti in muratura e pertanto più stabili e idonei ad ospitare anche impianti industriali diversi, come folli per la lana, segherie, macine per cereali. Altri molini si trovavano a Ognissanti, a Santa Maria in Vanzo, in Prato della Valle. Appartenevano in epoca comunale alla Chiesa, al Comune e ai grandi proprietari terrieri. Il mugnaio era affittuario del mulino e pagava l'affitto con la farina. Valeva la regola che ogni mugnaio tenesse per sé un coppo di farina ogni staio di granaglia macinato. Nel Trecento i mulini divennero proprietà dei Signori carraresi, ai quali rimasero fino alla conquista veneziana, quando vennero confiscati e messi all'asta. La corporazione dei mugnai, che era devota dei Santi Rocco e Sebastiano, si trovava presso l'omonimo altare nella chiesa del Carmine. |
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