Sul pannello si legge: Nella attuale via Daniele Manin, in un edificio che appare oggi nella veste conferitagli dalle numerose trasformazioni architettoniche, aveva sede il macello comunale, chiamato nel Medioevo "casa macellatorum". Qui venivano portate a macellare le bestie, un'operazione vietata nelle case e nelle strade. Come tramanda Giovanni da Nono (secolo XIV) sotto la Casa dei macellai si vendevano "carni di manzo, di castrato e di porco fresche, secondo le stagioni". Durante la quaresima i macellai non potevano vendere la carne, salvo a chi fosse munito di autorizzazione del vescovo a mangiare carne per motivi di salute. Alla fine del Trecento Francesco Novello costruì un nuovo macello in via Cesare Battisti, nell'area in prossimità dell'incrocio con via Zabarella. I beccai si riunivano nella distrutta chiesa di San Bernardino, che si trovava all'angolo tra via Zabarella e via San Biagio. La festa della fraglia veniva celebrata il 24 agosto, Giorno di San Bartolomeo. La scelta del santo protettore era legata al fatto che Bartolomeo aveva subito il martirio in Armenia mediante scuoiatura, col coltello, strumento dunque indispensabile all'attività dei beccai. Gli statuti della fraglia e quelli del Comune erano molto severi nella regolamentazione dell'attività dei beccai, con norme dettagliate circa la proibizione di vendere carne di pecora o capra per carne di montone, o carne di scrofa per carne di porco. Negli Statuti del 1272 erano inoltre fissati i prezzi per la vendita: ad esempio manzo, manza e montone dovevano essere venduti a sei denari per libra, il maiale a dieci denari per libra, la scrofa -solo abbrustolita- a otto denari per libra. Le macellerie che vendevano carne di prima scelta erano distinte da quelle che vendevano carne di seconda scelta, che si trovavano nei pressi della chiesa di San Clemente. Sotto il governo veneziano fu istituito un ufficiale del Comune preposto al controllo delle bestie prima della macellazione. |