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Padova Pannelli Mirabilia   32 La chiesa di Sant'Agostino modi: foto mappa
 
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Sul pannello si legge: "Sant'Agostino, quell'augusto e magnifico tempio... Sant'Agostino non è più"; con queste parole Pietro Selvatico piangeva la demolizione della chiesa di Sant'Agostino decisa dal governo austriaco nel 1819 in quanto ostacolo all'accesso al retrostante convento adibito ad ospedale militare. La storia del grande complesso affonda le radici nel XIII secolo, quando i domenicani si stanziarono a Padova negli anni venti del Duecento e attraverso donazioni e permute, entrarono in possesso di una lunga area nella parte occidentale della città, lungo il corso del Bacchiglione. Il 27 ottobre 1226 il vescovo Giordano donava la prima pietra benedetta per la costruzione della chiesa. Sul terreno esisteva un piccolo oratorio, intitolato a Santa Maria di Valverde e funzionante come cappella di un hospitium per i poveri. Nel primo decennio del Trecento, tramite le donazioni delle due nobili carraresi Ymia e Caterina, fu costruito il refectorium dell'infermeria. Nel progetto originario era prevista una chiesa a tre navate senza transetto, ma l'assegnazione, tra il 1275 e il 1301, di numerosi contributi da parte del Comune, permise quegli ampliamenti che conferirono all'edificio l'aspetto documentato dall'acquarello di Marino Urbani. La chiesa fu consacrata nel 1303. L'apetto della cappella absidale lascia intendere l'influenza di modelli cistercensi lombardi, interpretati alla luce del gotico padano. Il progetto è riferibile a Leonardo Rocalica, mentre Benvenuto della Cella avrebbe curato la fase conclusiva dei lavori. Il portale originario presentava un profilo ogivale ed era marcato da una profonda strombatura. Le cornici delle finestre, degli oculi e gli intradossi degli archi erano bicromi. Dodici magnifiche colonne di trachite scandivano le tre navate, nelle quali trovavano posto 19 altari tutti sormontati dalle opere di celebri maestridei secoli XVI e XVII. Tra le sculture si ricordano un crocifisso di Donatello, una Pietà di terracotta policroma di Giovanni Minello, numerose opere di Antonio Bonazza e Tommaso Allio. All'interno, dirimpetto alla porta maggiore, era interrata la tomba di Pietro D'Abano. Tra lke sepolture illustri si devono segnalare quelle di Ubertino e Jacopo II, opera di Andriolo de Santi, traslate presso la chiesa degli Eremitani in seguito alla soppressione del convento (1806). Parte della preziosa decorazione delle tombe nel Presbiterio, opera di Guariento raffigurante Lincoronazione della Vergine e i principi Jacopo e Ubertino, fu salvata dalla distruzione dall'intervento di Giuseppe Zeni (1817-*18). Dalla demolizione furono inoltre risparmiati i possenti piloni cilindrici di sostegno, che Giuseppe Jappelli impiegò nel pronao dell'ex Macello, oggi Istituto d'Arte Pietro Selvatico. Dei due chiostri del convento contiguo alla chiesa, "di struttura nobilissima", si è conservato quello rinascimentale costruito nel 1489, ora sede della Caserma Piave. All'ingresso dell'attuale archivio dell'ufficio leva si conserva un frammento di Cristo morto con due Angeli, attribuito a Guariento.
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