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Metafile di: Graffiti
data 1998-03-20
autore Gianfranco Novo
titolo Graffiti
genere Fantascienza
contatore 1428
Graffiti
Era la prima volta che andavo in val Camonica , accompagnavo una classe a visitare i famosi graffiti e subito ne fui affascinato.

Stavo ammirando quei segni tracciati sulla roccia, quando lo vidi : la sua immagine si formò gradualmente, come se emergesse dalla nebbia, aveva in mano un sasso appuntito e picchiava con cura : stava disegnando una 'paletta'.
Mi chinai per guardare la sua faccia coperta da lunghi e sporchi capelli. Aveva un'espressione triste e intensa, ma anche lui mi vide e rimase a bocca aperta.

Fu lui il primo a riprendersi : indicò la 'paletta' aperse le braccia rivolte al cielo e disse : - nono -.

- Nono ?- ripetei, cercando di far sentire il punto interrogativo, poi mi resi conto della difficoltà: come poteva essere tradotta un'interrogazione in un passato così remoto?

Ma lui sembrò capire e indicando con la mano una precisa direzione, ripeté - nono -.
Mi mossi nella direzione indicata e lui mi seguì, ogni tanto ripeteva il gesto e il suono : - nono -. Non lo vidi mai sorridere e questo mi preoccupava.

Arrivammo in una zona pianeggiante, il terreno intorno era stato lavorato e tutto mi diceva che ne conoscevo l'autore.
In fondo c'era una capanna costruita con tronchi d'albero e rami, era una specie di palafitta, del tutto simile a quelle che avevo viste disegnate sulla roccia. Man mano che mi avvicinavo mi rendevo conto che i disegni, anche se rendevano l'idea, non rendevano giustizia al suo costruttore: la capanna era fatta con estrema cura ed abilità.
Ripetendo il solito gesto e il suono, lui mi fece entrare nella sua 'casa': non mi aspettavo certo di trovare mobili moderni, ma era così spoglia... ebbi un sentimento di pena.

Lui mi condusse in un angolo dove, coperto da uno strato di pelli e vegliato con amore da una giovane donna, c'era un bambino. Lui lo indicò e disse - nono -. Ecco chi era Nono!

Il bambino aveva la stessa espressione di mio figlio quando aveva la febbre, allora capii : mi aveva preso per un dio e mi chiedeva di salvare il suo bambino. Proprio io che non riuscivo a curare neppure me stesso!

Mi trovavo in un bel pasticcio. Dovevo prendere tempo e cercare una via d'uscita. Visto che aveva tanta fiducia in me, potevo fare una scena da stregone e cercare di tagliare la corda.

Ma il bambino mi fece pena, in fondo ero un uomo del duemila e avevo pur qualche cognizione di medicina più di quel selvaggio. Cercai di richiamare tutte le mie conoscenze: si doveva abbassare la temperatura con un antipiretico... che stupido dove trovavo le farmacie nel tremila avanti Cristo? Un momento io portavo sempre con me, nella tasca interna della giacca, un paio di aspirine e dovevo averle anche oggi. C'erano. Ora bastava un bicchiere d'acqua ... un bicchiere ? Niente bicchieri, ma c'era una ciotola sopra un rudimentale tavolo, quella andava benissimo. Presi la ciotola e dissi : - acqua - facendo il gesto di bere. Lui capì subito, prese una zucca che serviva da brocca e versò l'acqua nella ciotola. Vi feci cadere una delle aspirine e cercai di nascondere il lieve frizzare dell'aspirina effervescente, (avevo deciso di evitare gesti stregoneschi), quando l'aspirina fu sciolta porsi la ciotola alla donna e indicai il bambino. Lei, che fino a quel momento non aveva detto una parola, prese il recipiente e con estrema delicatezza e amore alzò la testa del bimbo e gli fece bere la medicina.

Io sedetti e mi misi pazientemente ad aspettare, il mio ospite mi imitò e tutti restammo in silenzio. Passata mezzora alzai la pelle che faceva da coperta e guardai se l'aspirina aveva fatto effetto: il bambino cominciava a sudare, si trattava di aspettare ancora un po'. Dopo ancora mezzora il bambino cominciò a dare i primi segni di vita, cercava di scoprirsi, evidentemente aveva caldo, la mamma alzò le coperte: tutto ciò che era a contatto col piccolo corpo, era bagnato, lei con estrema delicatezza tolse le pelli bagnate e le sostituì con altre ammucchiate in un angolo della capanna, il bambino si rilassò, cercò una nuova posizione, e poi si rimise a dormire.

Avevo guardato in silenzio gli ultimi avvenimenti ed ebbi un leggero sobbalzo quando l'uomo si avvicinò, aveva il viso sorridente e disse : - Nono veve - non capivo l'esatto significato di 'veve', ma il senso della frase era chiaro. Avrei voluto dirgli che l'aspirina aveva solo un effetto antipiretico, che non era una vera e propria cura, ma come spiegarlo? Rinunciai. Gli offrii l'altra aspirina che avevo in tasca sperando che la malattia avesse avuto un decorso benefico. Cercai di fargli capire, indicando la posizione del sole, che doveva dare la medicina dopo 6 ore circa, lui mi ascoltò e sembrò capire. Ora che non potevo più fare niente, cominciai a pensare di andarmene, ma lui si piazzò davanti a me e indicando se stesso disse : - Momo - poi indicò la donna : - Mama -. Stava facendo le presentazioni! Andò sulla porta e fece un urlo indefinito, arrivarono tre ragazzini, un maschio e due femmine, di varie età, Momo li indicò uno per uno: - Tata, Dodo, Bibi - non si può dire che avesse grande varietà di sillabe!

Quindi indicò me e rimase ad aspettare, stavo per dire il mio nome, ma capii che Gianfranco non era a portata delle sue abilità linguistiche, allora optai per il cognome : - Novo - dissi indicando me. Lui mi guardò interdetto, poi indicò il bambino - Nono - disse con risolutezza. Stranamente il mio cognome assomigliava al nome del piccolo e lui li aveva confusi, allora cercai di essere più chiaro : - No ... vvo - sillabai - No ... vvo - ripetè lui con un certo sforzo e non senza stupore.

Io sorrisi e assentii, anche lui sorrise e si volse intorno come a cercare qualcosa, poi si toccò il petto, prese il disco che aveva al collo, se lo sfilò e cercò di infilarlo a me, ma avevo la testa troppo grossa. Pensai subito che doveva dipendere dall'evoluzione che aveva ingrandito il mio cervello, ma poi guardai la capanna e l'abilità con cui era costruita, e ebbi, sulla mia superiorità intellettuale, qualche dubbio.

Lui risolse con praticità il problema : mi prese un braccio e vi infilò il disco.

Professore, professore - era un mio alunno che mi chiamava - professore ha trovato il mio frisbee? - Guardai l'oggetto che Michael indicava : - no, è una collana dissi, lui mi guardò stupito: non vede che è un frisbee, forse non sarà il mio, ma io ne ho perso uno molto simile - me lo sfilò da braccio e si mise a correre verso il paese: - venga, la classe se ne sta andando, venga mi hanno mandato a chiamarla, tutti l'aspettano -.

Quanto ero rimasto a guardare quella roccia ? Avevo sognato tutto ? Guardai per l'ultima volta i graffiti: vicino alla 'paletta' che aveva tracciato Momo ora c'era una figura umana.
Strano, prima non l'avevo vista.
Era un uomo molto alto, aveva un cerchio intorno ad un braccio e lasciava cadere con la destra due compresse di aspirina. In realtà erano due puntini tracciati sulla roccia, ma io non avevo, e non ho, dubbi sul loro significato come sull'identità dell'uomo dall'anello al braccio.

Allora capii: Nono era guarito.

Il giorno dopo, preoccupato per il mio sogno ad occhi aperti, andai dal medico. Mi ascoltò con attenzione e compilò un paio di ricette accompagnandole con una frase che doveva rassicurarmi: - ne prenda una per tipo due volte al giorno e vedrò che passerà tutto.

Tornai a casa avvilito.

Ma prima di andare in farmacia volli dare ancora un'occhiata alla guida che avevo comprato, durante la gita in Valcamonica. Alla descrizione della roccia n.50, più grande di quelli che stavano intorno, vidi la figura dell'uomo con l'anello al braccio e due puntini cadevano dalla sua mano destra

Immagine: dalla guida itineraria 'Naquane: parco nazionale delle incisioni rupestri'

Graffiti.jpg


5B) Uno dei ... quattro grandi guerrieri ...che rappresentano personaggi bellicosi in atteggiamento trionfale.

Veniva definito un guerriero, ma diversamente dagli altri, simili a lui, non aveva armi (se si escludeva l'enigmatico cerchio intorno al braccio).

Guardando l'immagine, rivissi mentalmente la mia avventura, pensai a Nono e agli altri bambini, alla loro amorevole madre, a Momo, alla sua intensa espressione nel chiedermi aiuto e alla sua gioia nel vedere il suo bambino riprendersi.
Presi le ricette e le buttai nelle spazzature: quei veleni mi avrebbero forse riportato alla realtà, ma avrebbero sicuramente ucciso un amico.

Padova 20/03/1998

Gianranco Novo



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